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Donne più istruite meno occupate: il paradosso italiano nella lunga corsa alla parità di genere

gender pay gap
I dati sulla parità di genere in Europa sembrano indicare che siamo sulla giusta strada: in dieci anni siamo passati da un divario salariale tra uomini e donne del 15,7% nel 2014 ad uno del 12% nel 2023, l’occupazione femminile nello stesso periodo è passata dal 62% al 70,8%, è aumentata considerevolmente la percentuale di donne e uomini che hanno un titolo terziario, con il tasso femminile che ha superato quello maschile di 6,1 punti percentuali nel 2024, e la percentuale di donne CEO nelle grandi aziende europee quotate è passata dal 4,3% nel 2015 al 9% nel 2025.1,2,3,4
L’Italia, seppur più lentamente, sta seguendo la scia del continente. Il tasso di occupazione femminile negli ultimi 10 anni è passato dal 50,5% al 57,4%, con una crescente quota di ruoli esecutivi (ovvero dirigenti senior dei due massimi organi decisionali di ciascuna società) nelle grandi aziende quotate in capo alle donne (8,3% nel 2015, 18,9% nel 2025, effetto soprattutto della Legge Golfo-Mosca).5,6,7 Le donne, inoltre, sono sempre più istruite: oltre a rappresentare quasi 3/5 di tutti i nuovi laureati già dall’inizio del millennio, con un tasso di donne laureate del 25,9% e un tasso di uomini con titolo universitario pari al 18,7% nel 2024, negli ultimi anni è cresciuta la presenza femminile anche tra le materie STEM.8,9,10
In un panorama complessivamente positivo, almeno nella sua dinamica temporale, rimane tuttavia un dato sconcertante che non può essere ignorato: nel nostro paese le donne che lavorano, rispetto agli uomini, sono molte meno. Tra i 25 e i 64 anni, le occupate non raggiungono i 9,5 milioni, mentre gli uomini occupati nella stessa fascia d’età sono oltre 12,5 milioni (a fronte di una differenza praticamente nulla tra popolazione maschile e femminile nella stessa fascia d’età).11,12
Grafico Stato Occupazione
Oltre una donna su tre non lavora, primariamente per impegni di cura legati alla famiglia. Questa condizione di inattività risulta particolarmente frequente tra le donne con un livello d’istruzione basso (il 58% delle donne con una licenza media è inattivo, vs 32% tra le diplomate e 15% tra le laureate) , e tra le donne con figli.14

Nonostante a titoli di studio più elevati si accompagnino tipicamente tassi di occupazione e partecipazione al mercato del lavoro più alti, permane un gap di genere nella partecipazione attiva al mondo del lavoro e nel salario medio. Questo è in parte dovuto ad una segregazione tra i settori che garantiscono una maggiore occupazione e salari migliori (a prevalenza maschile) e quelli che invece offrono minori opportunità salariali e occupazionali (a prevalenza femminile).

Questa polarizzazione si presenta già nella scelta dei percorsi formativi. Analizzando la distribuzione nelle classi di laurea magistrale degli studenti italiani si nota una netta prevalenza femminile in aree disciplinari legate all’educazione e al servizio sociale, che tradizionalmente hanno meno ritorno economico ed occupazionale (lo stipendio netto mensile a tre anni dalla laurea per Scienze pedagogiche si attesta intorno a €1.300, con un tasso di occupazione poco superiore all’80%), e una prevalenza maschile nelle materie cosiddette STEM. Tra queste ultime, le discipline ingegneristiche e quelle di ambito informatico e finanziario offrono stipendi mensili netti a tre anni dalla laurea generalmente a partire dai €1.800 e un tasso di occupazione almeno pari al 95%.

Condizione occupazionale dei laureati magistrali per prevalenza di genere nelle aree disciplinari, 2024 

Condizione occupazionale laureati
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi PwC su dati di AlmaLaurea e MUR, 2024. La dimensione delle bolle è indicativa del numero degli iscritti nei corsi afferenti alle aree disciplinari nel 2024.
La differenza di genere emerge anche tra i risultati scolastici nelle diverse discipline già dalla scuola primaria: stando alle prove INVALSI 2024 le femmine di seconda elementare hanno mediamente punteggi leggermente migliori dei maschi in italiano (+0,9 punti percentuali) ma significativamente peggiori in matematica (-4,7 punti percentuali). Questi divari si ampliano già alla fine del ciclo di scuola primaria e si confermano nei cicli scolastici successivi.15 È interessante notare che tale divario di genere varia da paese a paese, e in Italia è oltre il doppio della media dei paesi OCSE e dieci volte quello di paesi come Norvegia, Svezia e Islanda.16 Questo suggerisce che sulle predisposizioni dei singoli possono giocare un ruolo determinante aspetti sociali e culturali come l’approccio alla formazione e all’apprendimento, le aspettative percepite o l’assenza di figure di riferimento.17,18,19
Non a caso alcuni studi a livello europeo riportano che le ragazze hanno mediamente una minor fiducia nelle proprie abilità scientifiche rispetto ai ragazzi a parità di risultati scolastici:20 tra coloro che hanno le migliori performance in matematica e scienze, solo il 12,5% delle ragazze aspira a diventare scienziata o ingegnere, mentre per i ragazzi la percentuale è sensibilmente più alta (26%).21
Anche l’approccio alla formazione può influire sull’apprendimento degli studenti, penalizzando o favorendo determinati gruppi. Alcune ricerche recenti condotte sul divario di genere nell’apprendimento della matematica hanno dimostrato che le lezioni frontali e i metodi trasmissivi passivi – prevalenti in Italia22 – tendono ad aumentare il gap di genere mentre i metodi basati su discussioni, attività di indagine attiva e problem-solving tendono a ridurlo.23,24 Questi dati ci mostrano una realtà estremamente complessa e sfaccettata, e chiedono di guardare al fenomeno della disparità di genere senza riduzioni o semplificazioni. Benché almeno formalmente uomini e donne abbiano già pari opportunità formative e lavorative – le donne oggi sono più istruite e qualsiasi discriminazione di genere sul lavoro è illegittima oltre che ingiusta -, i dati ci dicono che esistono ostacoli sostanziali che perpetrano una disparità profonda e a più livelli.

È necessario un cambiamento culturale profondo che arrivi a trasformare il modo in cui si concepisce la formazione scolastica, la responsabilità di cura e l’educazione delle nuove generazioni, anche promuovendo una cultura sociale e genitoriale libera da stereotipi e pregiudizi di genere. Il divario retributivo e occupazionale tra uomini e donne è la misura preoccupante di uno squilibrato accesso alle opportunità che tutt’oggi – soprattutto in Italia – è ancora una normalità. 

Le donne guadagnano meno, sono meno presenti in posizioni apicali e in generale nel mercato del lavoro, e scelgono con meno frequenza determinati percorsi formativi e lavorativi anche perché in parte più soggette a stereotipi che arrivano a condizionare la loro performance e le loro scelte, sono più penalizzate dalle scelte della vita personale e hanno meno opportunità.

La persistenza della disparità di genere è una condizione fortemente limitante e penalizzante per l’economia e l’intero sistema paese, in quanto comporta la presenza di una popolazione di talenti disincentivata alla piena espressione e realizzazione professionale. Un paese economicamente avanzato che è oltretutto parte del G7 non può permettersi un divario di opportunità come quello descritto e dovrebbe – a giudizio di chi scrive – agire su più fronti per colmare questo gap. 

Mancano politiche sociali a sostegno delle famiglie (nell’anno scolastico 2022/2023 i posti disponibili negli asili nido, sezioni primavera e servizi integrativi pubblici e privati erano 30 ogni 100 bambini tra gli 0 e 2 anni25, mentre sono ancora completamente a carico delle famiglie i servizi di continuità socio-educativa nei mesi estivi), forme moderne e flessibili di congedi parentali (in Svezia il congedo parentale prevede 16 settimane di maternità e 8 mesi di congedo parentale di cui 3 non trasferibili ad uso esclusivo di ciascun genitore, a cui si aggiungono altri 6 mesi se il numero di figli è maggiore di uno), ma anche reti infrastrutturali che semplifichino e riducano i tempi di spostamento. 

Anche le imprese possono contribuire nel fare la differenza, a partire dall’adozione di politiche che integrino i congedi già previsti dalla legge e promuovano la flessibilità lavorativa ove possibile.

Il valore della parità di genere non si esaurisce nella giustizia sociale, ma determina e determinerà il potenziale di crescita sostenibile e duratura di economia e società.

[1] Elaborazione Ufficio Studi PwC su dati Eurostat, Gender pay gap in unadjusted form estratti il 16/04/2025 sdg_05_20.

[2] Eurostat, Employment and activity by sex and age – annual data, 20-64 anni, EU27, 2014-2024

[3] Elaborazione Ufficio Studi PwC su dati Eurostat, Population by educational attainment level, sex and age (%) – main indicators, 25-64 anni, estratti il 12/09/2025.

[4] European Institute for Gender Equality (EIGE), Largest listed companies: CEOs, executives and non-executives.

[5] Eurostat, Employment and activity by sex and age – annual data, 20-64 anni, 2015, 2024 Italia.

[6] European Institute for Gender Equality (EIGE), Largest listed companies: CEOs, executives and non-executives.

[7] European Institute for Gender Equality, Largest listed companies: presidents, board members and employee representatives, April 2024. La legge Golfo-Mosca ha contribuito a riequilibrare la rappresentanza dei generi all’interno dei CdA delle società quotate e delle non quotate a controllo pubblico, portando le donne nel 2024 a rappresentare il 43,7% degli amministratori (nel 2011 le donne rappresentavano il 5,9% dei membri e nel 2014 il 18,6.

[8] Elaborazione Ufficio Studi PwC su dati Istat, Laureati, 2024.

[9] Eurostat, Population by educational attainment level, sex and age (%) – main indicators, uomini e donne 25-64 anni con titolo terziario, Italia, 2024

[10] Da definizione del MUR, la categoria STEM include i gruppi disciplinari: Scientifico, Informatica e tecnologie ICT, Architettura e ingegneria civile, Ingegneria industriale e dell’informazione

[11] Elaborazione Ufficio Studi PwC su dati Istat, migliaia di occupati, 2024

[12] Elaborazione Ufficio Studi PwC su dati Istat, popolazione al 1° gennaio, 2025

[13] Elaborazione Ufficio Studi PwC su dati Istat, Occupati, disoccupati, inattivi per titolo di studio, 25-64 anni, 2024; Istat, Motivo d’inattività (migliaia di persone) 25-64 anni, 2024

[14] Elaborazione Ufficio Studi PwC su dati Istat, Occupati, disoccupati, inattivi per titolo di studio e ruolo in famiglia, 25-64 anni, 2024

[15]Rapporto INVALSI 2024

[16] OECD, PISA 2022 Results (Volume I): The State of Learning and Equity in Education

[17] Design Conference for the Evaluation of Talent Search, Nora, A., and Cabrera, A. F., Measuring Program Outcomes: What Impacts Are Important to Assess and What Impacts Are Possible to Measure?, 1992

[18] OECD, Encinas-Martín M. and Cherian M., Gender, Education and Skills: The Persistence of Gender Gaps in Education and Skills, 2023

[19] European Commission: Directorate-General for Education, Youth, Sport and Culture, Evagorou, M., Puig, B., Bayram, D. and Janeckova, H., Addressing the gender gap in STEM education across educational levels – Analytical report, Publications Office of the European Union, 2024

[20] Ibidem

[21] Openpolis – Con i Bambini, Osservatorio Povertà Educativa, Quali stereotipi minano ancora il diritto all’istruzione di bambine e ragazze, ottobre 2020

[22] Centro Studi Erickson, Come si insegna oggi nella scuola italiana? 2024

[23] Francesca Ferrara, Giulia Ferrari, Ornella Robutti, Differenze di genere in matematica: Sfide, opportunità e proposte didattiche, Università di Torino, 2023 
Odom S. e altri, Meta-analysis of Gender Performance Gaps in Undergraduate Natural Science Courses, Accepted Jun 8, 2021 DOI:10.1187/cbe.20-11-0260

[24] Francesca Ferrara, Giulia Ferrari, Ornella Robutti, Differenze di genere in matematica: Sfide, opportunità e proposte didattiche, Università di Torino, 2023

[25] Fondo Sviluppo, I servizi educativi per l’infanzia:il sistema confcooperative federsolidarietà nella filiera della prima infanzia, Studi e ricerche N°289 – Giugno 2025.

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Sandro Bicocchi

Partner | Responsabile Relazioni Istituzionali e Ufficio Studi | PwC Italy |  + posts
Laureato in Scienze dell'Informazione, ha svolto attività manageriale in aziende di diversi settori, già consigliere della Camera di Commercio di Milano, ha ricoperto ruoli istituzionali nel mondo associativo collaborando con le istituzioni italiane ed internazionali.
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Paola Barazzetta

Partner | Diversity & Inclusion Leader, PwC Italy |  + posts

Avvocato, da luglio 2018 Diversity & Inclusion Leader per PwC Italia. In PwC è responsabile dell'area Corporate Compliance su tutto il territorio nazionale; riveste il ruolo di Sindaco e di Presidente e componente esterno di Organismi di Vigilanza.