Secondo quanto emerso dalla prima PwC Global CSRD Survey 2024, quasi due terzi (63%) delle imprese italiane affermano di essere molto o estremamente fiduciose di pubblicare le informazioni richieste dalla Direttiva europea sull’informativa societaria di sostenibilità (CSRD), che impatterà significativamente su circa 50.000 imprese nel mondo e oltre 4.000 in Italia.
Il sondaggio globale ha coinvolto oltre 500 dirigenti e professionisti di imprese che operano in 38 Paesi diversi, di cui più di 50 in Italia, tra cui leader finanziari, della sostenibilità e risk manager. Il 60% delle aziende rappresentate ha sede nell’Unione Europea e tra i settori maggiormente rappresentati figurano: l’industria manifatturiera (25%), i servizi finanziari (21%), la tecnologia, i media e le telecomunicazioni (18%), i consumi e la vendita al dettaglio (14%), l’energia, i servizi pubblici e le risorse (13%) e la sanità (7%). Tra tutti gli intervistati, il 57% dichiara che presenterà per la prima volta un’istanza di CSRD nell’esercizio finanziario 2025, sulla base dei dati dell’anno fiscale 2024.
La direttiva non rappresenta solo un nuovo importante obbligo di rendicontazione, ma anche un’opportunità per i leader di capire più a fondo come la sostenibilità metterà in discussione gli attuali modelli di business e creerà opportunità di crescita e reinvenzione.
La maggior parte delle imprese, il 79% con sede al di fuori dell’UE e il 74% con sede all’interno dell’UE, affermano che la preparazione alla rendicontazione in ambito CSRD ha spinto e sta spingendo le imprese ad integrare la sostenibilità nelle decisioni strategiche di business in misura maggiore rispetto al passato.
La maggior parte delle imprese, sebbene i tempi stretti e la complessità nell’attuazione della normativa, affermano che beneficeranno in larga misura della CSRD attraverso la mitigazione dei rischi collegati ad aspetti di sostenibilità (48% a livello globale e fino a 58% in Italia), le migliori prestazioni dal punto di vista ambientale (51%a livello globale e 54% in Italia) e il miglioramento dell’interazione con gli stakeholder (49% sia a livello globale sia in Italia).
Nonostante la fiducia riposta riguardo la rendicontazione sulla sostenibilità, emergono numerosi ostacoli sulla sua implementazione. Le due preoccupazioni principali riguardano la complessità nel reperire informazioni dalla catena del valore (57% a livello globale e 68% in Italia), seguita dalla disponibilità e dalla qualità dei dati (59% a livello globale e 50% in Italia) e dalla difficoltà di rispettare le scadenze predisposte.
A sei mesi dalla predisposizione della rendicontazione di sostenibilità solo un quinto delle imprese che saranno obbligate a rendicontare nel loro anno finanziario 2025 hanno validato la disponibilità e la completezza dei dati per le loro rendicontazioni a livello globale, mentre in Italia si scende sotto il 10%. Inoltre, meno del 60% di tutti i rispondenti a livello globale ha coinvolto la loro funzione tecnologica, sebbene in Italia si raggiunga il 69%. Tuttavia, in Italia sono state coinvolte meno le funzioni legali (63% a livello globale e 50% in Italia) e fiscali (47% a livello globale e 38% in Italia).
Dal punto di vista tecnologico, i fogli di calcolo sono lo strumento più comunemente utilizzato da circa tre quarti delle imprese a livello globale e italiano, gli ERP sono ancora poco diffusi (circa il 30% per entrambi i livelli), mentre in Italia vi è un maggior impiego di software dedicati alla gestione dei dati di sostenibilità (41%) rispetto al resto del mondo (27%). Ciò porta anche ad un numero maggiore di imprese che utilizza un archivio centralizzato di dati sulla sostenibilità (ad esempio, un data lake), il 38% a livello italiano rispetto al 26% a livello globale. L’Intelligenza Artificiale è ancora poco sfruttata dalle imprese (20% a livello globale e del 16% in Italia).
La sostenibilità come nuova priorità nell’agenda della leadership
L’indagine rileva che più dei tre quarti (76% a livello globale e fino a 85% in Italia) delle imprese credono che la CSRD abbia già portato o porterà nel futuro la leadership a considerare la sostenibilità nelle decisioni strategiche di business in misura maggiore, compreso il 59% che afferma che la sostenibilità è già considerata in misura maggiore a seguito della CSRD, percentuale che sale a 77% per le sole imprese italiane.
Le imprese si aspettano una vasta gamma di benefici commerciali dalla CSRD. In particolare, circa la metà li identifica nella mitigazione dei rischi collegati ad aspetti di sostenibilità (48% a livello globale e fino a 58% in Italia), in migliori prestazioni dal punto di vista ambientale (51%a livello globale e 54% in Italia) e nel miglioramento di dialogo e interazione con gli stakeholder (49% sia a livello globale sia in Italia).
Gli altri benefici della CSRD considerati dalle imprese sono:
L’aspettativa di benefici finanziari è maggiore per le imprese più vicine alla loro scadenza di reporting, con il 38% delle imprese che devono presentare il bilancio nel 2025 che si aspetta di beneficiare in larga misura attraverso la crescita del fatturato (il 35% per le imprese italiane) e il 34% attraverso il risparmio sui costi (36% delle imprese italiane). Allo stesso tempo, però, le aziende affermano di dover affrontare molteplici ostacoli all’implementazione, tra cui la disponibilità dei dati, la capacità del personale e la necessità di investimenti in nuove tecnologie.
Gli ostacoli all’implementazione oltre alla disponibilità dei dati
Nonostante gli alti livelli di fiducia, specialmente per le imprese che devono presentare il loro bilancio nel 2025 (72% a livello globale e 68% in Italia), meno della metà di queste imprese ha completato le attività necessarie, come la conferma delle opzioni di reporting (39% a livello globale e 35% in Italia), la valutazione della doppia rilevanza (38% a livello globale e solo il 22% in Italia) e la validazione della disponibilità dei dati (20% a livello globale e solo l’8% in Italia). Tuttavia, le imprese che hanno completato tali attività sono più propense a sentirsi sicure nel rispettare i requisiti di reporting.
Le imprese riportano alta fiducia su argomenti generalmente già oggetto di rendicontazione come la forza lavoro (75% sia a livello globale, sia in Italia), la condotta aziendale (75% e meno in Italia, 66%) e il cambiamento climatico (60% e solo il 53% in Italia), invece risultano molto meno sicure di rispettare i requisiti di reporting su temi meno familiari come la biodiversità (35% a livello globale e 34% in Italia), l’inquinamento (43% a livello globale e 44% in Italia) e i lavoratori della catena del valore (44% a livello globale, che diminuisce a 38% se consideriamo solo le imprese italiane).
L’indagine rileva una crescente integrazione strategica della sostenibilità nelle operazioni aziendali, con la Corporate Sustainability Reporting Directive che viene sempre più percepita come un'opportunità in grado di generare valore sia in termini ambientali, sociali e di governance, che di business. Nonostante le aziende manifestino fiducia nella propria preparazione alla rendicontazione CSRD, permangono comunque sfide rilevanti legate all'acquisizione e alla gestione di dati qualitativi lungo l'intera catena del valore. La CSRD, infatti, impone un approccio rigoroso e sistematico nella rendicontazione della sostenibilità, equiparandola ai rigorosi standard della rendicontazione finanziaria. Come PwC siamo impegnati a supportare le aziende in questo percorso di adeguamento normativo, traducendo le complessità legate alla Direttiva in opportunità strategiche per la creazione di valore sostenibile nel lungo termine.
Francesco Ferrara, ESG Leader PwC Italia
Laureato in Economia e Commercio presso l'Università Commerciale L. Bocconi, Partner presso l’ufficio di Milano, ha iniziato la sua carriera in PwC nel 1992 in Assurance. Dal 1 luglio 2021 guida la neocostituita business unit ESG.