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Le tante facce dell’inattività: perché i numeri da soli non raccontano l’intera storia

perché i numeri da soli non raccontano l’intera storia

I dati provvisori su occupazione e disoccupazione riportati a dicembre da Istat riferiscono un aumento del numero degli inattivi in Italia superiore all’aumento registrato per gli occupati (rispettivamente 1,4% e +0,8% rispetto allo stesso periodo del 2023). Il confronto con i dati pre-pandemici mostra, tuttavia, una riduzione di 590 mila unità rispetto alla media del 2019, con un tasso di inattività che è passato da 34,4% nel 2019 a 33,5% a dicembre 2024, segno di una maggiore partecipazione alla forza lavoro.

Inattivi in numero (in migliaia) 2019-2024, Istat

Inattivi in numero (in migliaia) 2019-2024, Istat

L’aumento del divario tra occupati e inattivi nell’ultimo anno è stato spesso interpretato come il sintomo di un crescente disimpegno verso il mercato del lavoro. La realtà è tuttavia molto più sfaccettata e complessa.

Innanzitutto, è necessario tracciare il perimetro della definizione di inattività: per “inattivi” l’Istat intende le persone che non fanno parte delle forze di lavoro, cioè coloro che non sono né occupati né in cerca di occupazione. Rientrano nella categoria:

  • coloro che non hanno cercato lavoro nelle ultime quattro settimane e non sono disponibili a lavorare entro due settimane dalla rilevazione;
  • coloro che pur non avendo cercato un lavoro nelle ultime quattro settimane si sono dichiarati disponibili a iniziare un lavoro entro due settimane dalla rilevazione;
  • coloro che hanno cercato un lavoro nelle ultime quattro settimane, ma che non sono disponibili a iniziare un lavoro entro due settimane dalla rilevazione.

Questo significa che nella rilevazione vengono inclusi anche individui che almeno idealmente vorrebbero lavorare ma che per qualche ragione non riescono a farlo. Un tassello importante per la comprensione del fenomeno è dato dall’analisi delle motivazioni che portano all’inattività, dove la sfiducia o il disinteresse verso il mondo del lavoro rappresentano la ragione principale solamente per il 7,9% degli inattivi (1 milione circa di unità). Sono molti di più coloro che si trovano impegnati in percorsi di studio o formazione professionale (34,8%, circa 4,4 milioni di persone), gli inabili al lavoro e i pensionati o prepensionati (13,9%, 1,7 milioni), e coloro che non partecipano al mercato del lavoro per ragioni familiari (24,4%, 3 milioni).

Motivi dell’inattività, 15-64 anni, Istat 2024-12

Motivi dell’inattività, 15-64 anni, Istat 2024-12

I “motivi familiari” riguardano circa 3 milioni di persone, per la quasi totalità donne (2,9 milioni circa). In Italia le donne hanno mediamente tassi di inattività più elevati degli uomini e più contratti part-time, e sono più coinvolte degli uomini sia nella gestione dei figli che nella cura domestica. Non a caso la maternità è uno degli eventi che incide maggiormente sul percorso di carriera delle donne: secondo un’indagine condotta da PwC nel 2024 su un campione di 500 madri, oltre 1 donna su 3 ha lasciato il proprio lavoro (volontariamente o involontariamente) o ha ridotto significativamente l’orario lavorativo a seguito della nascita dei figli. Questo squilibrio ha effetti a cascata sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro, generando un gender gap quantitativo e – soprattutto – qualitativo.

L’incremento degli inattivi non è di per sé sintomo di debolezza del sistema produttivo, ma un fenomeno complesso che va considerato in tutte le sue componenti e possibili cause. Occorre innanzitutto chiedersi quale percentuale (tipicamente molto piccola) sia da imputare a un disimpegno verso il mercato del lavoro, e quale sia invece provocata da dinamiche sociali, culturali e persino politiche che arrivano a influenzare le scelte individuali (come misure non più adeguate in tema di congedi parentali, o contesti lavorativi poco flessibili). Perché è proprio su queste dinamiche che si può lavorare per generare effetti positivi permanenti e reali e liberare risorse fondamentali per la prosperità del paese.

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Sandro Bicocchi

Partner | PwC Italia |  + posts
Laureato in Scienze dell'Informazione, ha svolto attività manageriale in aziende di diversi settori, già consigliere della Camera di Commercio di Milano, ha ricoperto ruoli istituzionali nel mondo associativo collaborando con le istituzioni italiane ed internazionali.